La mostra sarà aperta al pubblico Venerdì 17 ottobre dalle 17:00 alla presenza dell’artista. Testo critico in galleria
SMDOT/Contemporary Art è molto felice di presentare la nuova mostra personale dell’artista italiano Marco Cadioli (nato a Milano. vive e lavora tra Milano e Carrara dove insegna all’Accademia di Belle Arti). MACCHINE ADULATRICI è il titolo della mostra personale, ma anche il titolo dell’opera video, che accoglierà tutti gli spettatori facendoli accomodare in questo inedito progetto espositivo. Il lavoro nasce come un attraversamento tra linguaggi, dove la creazione artistica si fa laboratorio di una nuova figurazione ibrida. Una figurazione che non appartiene né all’astratto né al figurativo tradizionale, ma che si genera attraverso una pratica/processo denominato vibe coding: una pratica di traduzione sensibile che, a partire da formule matematiche e strutture computazionali, apre immagini inattese, capaci di vibrare tra mondi visivi e concettuali. Il punto di avvio è la formula del filtro di Gabor, strumento scientifico per la lettura e l’elaborazione dei segnali visivi. Da questo nucleo tecnico si sprigiona un immaginario che non resta confinato al dominio dell’analisi, ma si intreccia con il pensiero critico e poetico contemporaneo: dalla criptopoetica di Nadim Samman, che decifra i linguaggi opachi della tecnologia e li trasforma in narrazione, alle immagini operative di Harun Farocki ed infine alla teoria dei media materiali di Jussi Parikka, dove l’immagine non è più semplice rappresentazione, ma strumento, infrastruttura, ambiente.
Su questa traiettoria si viene a realizzare una mostra-saggio che si colloca così in un territorio di confine. Non illustra semplicemente una ricerca, ma è la ricerca stessa: un tentativo di coniugare riflessione teoretica ed esperienza estetica, dove il gesto artistico diventa al tempo stesso scrittura critica, esperimento tecnico e ricerca del reale. Un reale ibrido ed originario. In questo scenario, la creazione artistica non cerca di “spiegare” la tecnologia, l’artificiale, ma di farla collidere con il naturale, l’umano, generando nuove figurazioni composte da algoritmi, codici, corpi vibranti e seduzioni.
Il visitatore può accedere ad un nuovo spazio immaginario dove L’IA è un partner in grado di stimolare deviazioni, o meglio, in grado di accogliere le volizioni dell’artista restituendo visioni prima invisibili. Il codice diventa vibrazione tra macchina ed umano, si trasforma in immagine, materia estetica, pensiero che si indentificherà con una nuova immagina filtrata da un’anima e un corpo, provando, in questo modo a riscrivere le percezioni, simbolo di una soglia ambigua tra umano e non-umano, visibile e invisibile, naturale e artificiale.
The exhibition will be open to the public on Friday 17 October from 6pm in the presence of the artist. Critical text in the gallery.
SMDOT/Contemporary Art is delighted to present the new solo exhibition by Italian artist Marco Cadioli (born in Milan, he lives and works between Milan and Carrara, where he teaches at the Academy of Fine Arts). MACCHINE ADULATRICI (SYCOPHANTIC MACHINE) is the title of the solo exhibition, but also the title of the video work, which will welcome all viewers, inviting them to take a seat in this unprecedented exhibition project. The work was conceived as a crossover between languages, where artistic creation becomes a laboratory for a new hybrid figuration. A figuration that belongs neither to the abstract nor to the traditional figurative, but which is generated through a practice/process called vibe coding: a practice of sensitive translation which, starting from mathematical formulas and computational structures, opens up unexpected images, capable of vibrating between visual and conceptual worlds. The starting point is the Gabor filter formula, a scientific tool for reading and processing visual signals. From this technical core emerges an imagery that is not confined to the domain of analysis, but intertwines with contemporary critical and poetic thought: from the cryptopoetics of Nadim Samman, who deciphers the opaque languages of technology and transforms them into narrative, to the operational images of Harun Farocki and finally to Jussi Parikka’s theory of material media, where the image is no longer a simple representation, but a tool, infrastructure, environment. This trajectory has given rise to an exhibition-essay that thus occupies a borderline territory. It does not simply illustrate research, but is the research itself: an attempt to combine theoretical reflection and aesthetic experience, where the artistic gesture becomes at once critical writing, technical experiment and search for the real.
A hybrid and original reality. In this scenario, artistic creation does not seek to “explain” technology, the artificial, but to make it collide with the natural, the human, generating new figurations composed of algorithms, codes, vibrant bodies and seductions.
The visitor can access a new imaginary space where AI is a partner capable of stimulating deviations, or rather, capable of accommodating the artist’s volitions by restoring previously invisible visions. The code becomes a vibration between machine and human, transforming into image, aesthetic matter, thought that will identify with a new image filtered by a soul and a body, thus attempting to rewrite perceptions, symbolising an ambiguous threshold between human and non-human, visible and invisible, natural and artificial.